“Il corpo umano non possiede un’ entità centrale che governa il resto dei componenti. Non ci sono gradi di importanza. Il funzionamento di tutto il sistema dipende dalla integrità delle azioni di tutti i componenti del corpo”
A. Pilat
Il tessuto connettivo è uno dei quattro tessuti che compongono il corpo umano (tessuto muscolare, tessuto nervoso, tessuto epiteliale, tessuto connettivo), costituisce il 16% del peso corporeo e trattiene il 23% dell’acqua del corpo. La combinazione dei tessuti menzionati permette di formare i differenti organi che compongono il corpo umano. Questi agiscono come un sistema integrato e non come entità separate.
La fascia non è altro che un estesa aponeurosi di tessuto connettivo che come un lenzuolo avvolge tutte le strutture del corpo. E’ un contenitore che dà forma alle strutture e permette che queste possano muoversi liberamente al suo interno. Se questo involucro è troppo stretto o rigido, in seguito a un evento patologico, anche gli elementi al suo interno saranno sofferenti e non potranno esprimere correttamente la propria funzione
“ Non solamente il sistema fasciale unisce varie parti del nostro corpo, ma unisce anche varie branche della medicina.”
Bienfait, 1999
Funzioni del tessuto connettivo
Il tessuto connettivo svolge svariate funzioni:
- supporto meccanico: adegua al corpo le forze di tensione
- fornisce elasticità e densità alle strutture
- nutre e collega tra loro gli altri organi e tessuti
- favorisce e regola gli scambi metabolici tra le cellule
- interviene nei processi di riparazione cicatriziale
- difende l’organismo da enti patogeni
- garantisce supporto alle differenti strutture dell’ organismo
- forma i limiti di incapsulamento degli organi, definendo così il loro volume e la loro forma, e determina attraverso fini divisioni, le differenti unità funzionali.
Se l’individuo subisce una stress meccanico eccessivo, dopo un trauma, il tessuto connettivo va incontro a processi infiammatori che portano alla formazione di incroci patologici, ovvero legami extramolecolari tra le fibre collagene. Questi incroci nascono proprio a causa dell’ ipomobilità: in assenza di movimento la sostanza fondamentale si altera quantitativamente e qualitativamente perdendo acqua e GAG ( glucosaminoglicani ). La riduzione di questi elementi porta con sé l’indurimento della sostanza fondamentale con la conseguente perdita di funzione e l’instaurarsi del dolore.
Infine si avrà un’ alterazione del libero scivolamento tra le fibre collagene nei punti di incrocio fisiologico, che produce frizioni patologiche; questi nuovi incroci si instaurano nella struttura collagene già esistente. Ciò limita principalmente l’elasticità del collagene stesso, ostacolando il movimento naturale tra le fibre più vecchie.
In sintesi la limitazione del movimento ostacola un corretto orientamento delle nuove fibre appena sintetizzate, il che aumenta la quantità di incroci patologici. Dobbiamo ricordare che l’orientamento adeguato delle fibre di collagene dipende dalla pressione e dal movimento adeguati.
Il principio delle manipolazioni è quello di imparare a palpare e sentire le sensazioni che le nostre mani appoggiate con la giusta pressione sul corpo del paziente ci inviano. In questo modo la capacità di percepire e definire gli squilibri di tensioni profonde, ma oltre a ciò si impara anche a indurre verso la correzione le fasce che in modo quasi automatico si auto-equilibrano. Tutto ciò però non è sufficiente per ristabilire una funzionalità generale del fisico per cui si applicano varie manovre distrettuali dirette ai vari strati fasciali per riavviarne il bilanciamento.
Spesso i pazienti che soffrono di disturbi causati da patologie del tessuto connettivo, e quindi che presentano disfunzioni fasciali, non trovano beneficio né con farmaci antinfiammatori o antidolorifici né con le terapie del dolore e spesso sono stati definiti malati immaginari o portatori di malanni psichici, senza una effettiva soluzione. Una risposta a questo fenomeno possiamo ritrovarla nella teoria della memoria dei tessuti: spesso traumi di ogni genere emotivi, fisici e altri non hanno la possibilità di essere compensati, o meglio dissipati dal nostro organismo. L’energia del trauma resta “imprigionata” nei nostri tessuti i quali ne conservano la “memoria neuronale” e questo trauma poi dimenticato nel tempo dal soggetto a livello conscio, non sarà altrettanto a livello fasciale ed inconscio. Ecco che allora molte persone si trovano a dover fare i conti con dolori inspiegabili e che a volte non passano con alcun rimedio e che vengono definiti psicologici.
Applicando le tecniche di induzione miofasciale si realizza una stimolazione meccanica del tessuto connettivo si ottiene
✓ Circolazione più efficiente degli anticorpi nella sostanza fondamentale
✓ Aumento della somministrazione sanguigna verso i siti della restrizione, attraverso la liberazione di istamina
✓ Un corretto orientamento nella produzione di fibroblasti ( responsabili del corretto orientamento delle fibre collagene ). Si evita la formazione degli incroci patologici
✓ Maggior somministrazione di sangue verso il tessuto nervoso, ed un incremento del flusso dei metaboliti da e verso il tessuto, accelerando così il processo di guarigione.
È importante una corretta mobilità del tessuto per uno scambio appropriato dei liquidi corporei. Se questa mobilità è ridotta, si altera la qualità della circolazione sanguigna che ritorna lenta e difficoltosa. Dall’ altra parte, una stimolazione eccessiva della produzione di collagene provoca una fibrosi del sistema miofasciale, dando automaticamente luogo alla formazione di aree di imbrigliamento ( Barlow, 1993; Barnes, 1990; Hamwee, 1999; Evans, 1980 ).
Qualunque restrizione locale nel sistema miofasciale scatena la formazione di reazioni in distinte parti del corpo, molte volte molto distanti dal luogo della restrizione primaria. Le terminazioni sensitive delle fibre di tipo C e delta sono intrappolate nell’avvolgimento del tessuto fasciale ed il paziente comincia a sperimentare ipersensibilità e dolore locale; tuttavia la risposta del sistema nervoso potrà generare reazioni a distanza: Questo processo faciliterà le reazioni riferite al segmento spinale, che produrrà come risposta, un’ ipertonia dei muscoli paravertebrali allo stesso livello. Lo stimolo patologico potrebbe arrivare fino al sistema nervoso, portando i segnali fino al talamo, stimolando i centri corticali ed alterando la qualità della percezione. Questi segnali raggiungono anche le aree limbiche del cervello, sotto il talamo, che produrrebbe un ‘alterazione delle emozioni, interferendo con il processo totale dell’ omeostasi corporea. ( Barnes, 1990; Cantu, 2001; Korr, 1975; Schulz, 1996 ).